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Pari opportunità. Indagine promossa dall’Emilia-Romagna sulle persone LGBTQI+. Una su cinque ha subito aggressioni fisiche

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di Pa. M.M.

Una persona su cinque ha subito aggressioni fisiche; una su due minacce o insulti e quasi tre su quattro sono state calunniate o derise. Sono i primi risultati emersi dall’indagine promossa dalla Regione e rivolta alle persone LGBTQI+ per indagare sul fenomeno, spesso sommerso, delle discriminazioni e violenze determinate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere.

Lo scrive un comunicato stampa della Regione Emilia-Romagna relativamente ad una ricerca (alla quale anche chi scrive ha partecipato) che si è svolta tra il 15 luglio e il 9 ottobre attraverso un questionario disponibile sul sito Parità  della Regione,  diffuso in collaborazione con le associazioni LGBTQI +  dell’Emilia-Romagna.  E rientra nell’ambito di un più ampio progetto che la Regione ha avviato nel 2021 in collaborazione con il Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia applicata (FISPPA) dell’Università degli Studi di Padova.

“Vogliamo rafforzare e sostenere con misure concrete la battaglia contro le discriminazioni determinate dall’orientamento sessuale. E conoscere è il primo passo per mettere in campo politiche efficaci. Questa indagine ci fornisce un primo interessante spaccato che vogliamo approfondire con successive ulteriori elaborazioni – ha spiegato l’assessora regionale alle Pari opportunità Barbara Lori – Ringrazio tutti coloro che hanno compilato il questionario, ripercorrendo un vissuto spesso doloroso, e  le associazioni che hanno contribuito a metterlo a punto e a diffonderlo”.

I sociologi Luca Trappolin e Paolo Gusmeroli dell’Università di Padova hanno sottolineato il valore del campione analizzato “quantitativamente importante e qualitativamente molto eterogeneo, ad esempio in termini di definizioni dell’identità. Cosa questa che ci permetterà di esplorare le violenze e le discriminazioni gettando luce sulle diverse forme in cui esse si manifestano”.

Sono stati 1.125 i questionari raccolti, di cui 1.054 ritenuti validi (93,6%). Di questi: il 98,2% da persone di nazionalità italiana, l’88% residenti in Emilia-Romagna e per la quasi totalità dei casi (99,2%) domiciliati nella nostra regione.

Dei 1.054 questionari validi, il 47% è stato compilato da uomini (l’87,7%  dei quali si definisce gay, l’8,1% bisessuale , mentre il 4,1%  dichiara altre autodefinizioni); il 38,7 % da donne (il 56,7%  delle quali si dichiara lesbica, il 25,6% bisessuali, mentre la percentuale che opta per altre  definizioni è del 17,2%).

Il 14,3%  dei questionari validi raccolti  fa riferimento a persone  che si definiscono trans/non binarie.

Quella che viene diffusa oggi è solo una prima elaborazione dei dati raccolti attraverso i questionari. Le risposte fornite verranno infatti utilizzate per compiere un’analisi più dettagliata (con attenzione anche ad altri elementi quali l’età, il titolo di studio, la zona di residenza ecc.) che verrà diffusa tra gennaio e febbraio 2023.

In Emilia-Romagna è attivo dal 2021 un tavolo tecnico con funzioni di Osservatorio, previsto dalla “Legge regionale contro le discriminazioni e le violenze determinate dall’orientamenti sessuale o dall’identità di genere” (L.R. 15/2019). Composto da 34 persone – in rappresentanza dell’Agenzia regionale del lavoro, dell’Ufficio scolastico regionale, dei diversi servizi regionali e comunali, oltre alle associazioni LGBTQI+ – il tavolo ha tre compiti: raccogliere dati, monitorare i fenomeni di violenza ed elaborare buone prassi.

Sulla questione interviene il presidente di Arcigay Rimini Marco Tonti che sottolinea il dato drammatico dei maltrattamenti in “famiglia, il luogo dove dovrebbe esserci proprio la massima sicurezza. Questi dati ci restituiscono una realtà che le associazioni di frontiera come Arcigay conoscono bene e che qualcuno invece si affanna a negare sia nella dimensione quantitativa che nell’impatto drammatico che ha sulla vita delle persone. L’omo-bi-transfobia colpisce i corpi e dilania le anime delle vittime con delle cifre ed effetti impressionanti. Purtroppo la tutela delle vittime trova difficoltà nella mancanza di risorse e di strutture dedicate, laddove invece la colpa della mancata prevenzione è da addossare principalmente alla politica nazionale che si disinteressa della vita delle persone LGBTQI e che anzi le deride come successo con gli applausi sguaiati in occasione della decadenza della legge Zan. Le istituzioni locali possono fare qualcosa per colmare queste mancanze nei confronti di cittadini e le cittadine LGBTQI di Rimini, per sostenere la prevenzione – con un’attività culturale regolare e visibile –, per tutelare le vittime sostenendo il volontariato che se ne occupa e per la creazione di spazi sicuri dove le persone LGBTQI possano vivere libere da queste aggressioni, minacce, insulti, calunnie e derisioni (per usare i termini della rilevazione) come anche stabilito dal Documento Unico di Programmazione approvato l’anno scorso di questi tempi in Consiglio comunale. Come Arcigay Rimini riceviamo frequenti richieste di sostegno, aiuto, denunce da parte di persone LGBTQI di cui facciamo di tutto per dare risposta, ma questi dati raccontano di un fenomeno enorme che ancora stenta ad emergere nella sua pienezza e che deve essere preso in carico anche da quelle istituzioni locali che sono le più vicine alla vita delle persone”.

 

(5 dicembre 2022)

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