di Giovanna Di Rosa
Ricordo con rimpianto i tempi in cui il potere maschile accoglieva benevolmente la favoletta popolare secondo la quale una donna al potere è sempre meglio di un uomo, schiavo del potere, corrotto, fallocratico, stupidotto, violento. Insomma, un maschio con tutto ciò che ne deriva. Una donna, in quanto tale, in quanto diversa, in quanto capace di attingere a forze aliene al maschile, avrebbe dunque fatto certamente meglio del vile maschio ex coltivatore di campi.
Siamo di fronte all’esempio lampante del: “mi dispiace, ci siamo sbagliati”. Le due attuali leaderesse dei due maggiori partiti dell’arco costituzionale, con l’inconsistente prova delle loro numerose incapacità, tanto al governo quanto all’opposizione, e il maschio [sic] recupero di virili prese di posizione – dal “Non mi faccio intimidire da nessuno”, di meloniana memoria, al “Troverà pane per i suoi denti” riferito alla presidente del Consiglio pronunciato dalla segretaria pentasardina al cospetto di padre Formigli da Piazza Pulita, è tutto un florilegio muscolare che poco si addice all’idea della donna in politica di cui parlavamo all’inizio.
Unisce le due triste protagoniste della politica italiana dell’aujour d’houi, l’inconsistenza dei programmi, il dire una cosa e farne un’altra e la tentazione populista: siccome il rischio per entrambe è quello della canna del gas, eccole proporre loro stesse come candidate alle elezioni europee del giugno 2024 perché l’investitura popolare è tutto, Signora mia, anche e soprattutto quando il resto è fuffa. Dunque ce le troveremo su sponde opposte perché entrambe hanno bisogno di una prova muscolare a suon di voti.
I programmi e i risultati sono un’altra cosa, ma c’è poco da pretendere. L’unica cosa certa è che le inconsistenze vanno sempre in coppia. E siamo alla prova provata che non basta essere donna per valere, in automatico, più di un uomo.
(12 gennaio 2024)
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